 |
Le luci dell’alba sono tagliate da un suono di ottone che trafigge il ritmo tribale,
cavernoso di un "non luogo" urbano.
Steve Brown
a proposito del brano Incubus

...un trio che non ha bisogno di sezione ritmica, si sostiene da solo creando un "blend", una miscela sonora, che non ha bisogno di contrabbasso e batteria... magma sonoro che evidenzia le potenzialita' di questo particolare strumento: l'organetto diatonico.
Un gruppo visionario dal suono cinematografico e “popolare” che e' sempre appartenuto agli strumenti a mantice, ma questa volta espresso davvero nel senso buono del termine.
Simone Zanchini
direttore del Festival dei Mantici
www.manticifest.com

...Corsari nell'oceano delle armonie...
Peter Rabanser
Oni Wytars Ensemble

recensione del cd Via Emilia
Daniela Minerva
RAI Radio 3, Il Terzo Anello - Tabloid
puntata del 5 ottobre 2009

...A girare con pollice e indice la rotellina della Blaupunkt si aziona come un caleidoscopio. Nel disco il flusso cinematico domina e trascina. Invade. Decide il tempo. Il ritmo del viaggio. Il viaggio è cinematografico. Si potrebbe parlare, credo, a ragione, di grammatica del cinema. Il disco de Gli Orsi è come se seguisse il ritmo di più o meno lunghi piani sequenza. Eppoi flashback (tanti, è la figura retorica che forse più sguscia dal disco) e campi medi e lunghi, a volte lunghissimi. Quindi dissolvenze e tagli... Frame come avvolti e stritolati in un groviglio di lenti, vetrini, specchietti, diapositive sfocate e colori. Come un kaiserpanorama, una giostra di cartoline spiegazzate e paesaggi-squarci sonori...
Simone Bruscia
Direttore artistico di Assalti al Cuore
www.assaltialcuore.it

...Prendono linfa dall'immaginario folklorico, lo fanno a pezzi e ricompongono
secondo le sensibilità e gli strumenti della contemporaneità...
Enrico Partigiani
direttore artistico di Pennabilli Artisti in piazza
www.artistiinpiazza.com

In questi anni che paiono condannati a essere “di transizione”, sempre più tecnologici e “contaminati”, gli incroci e i sottogeneri musicali si moltiplicano oltremisura. E con loro i gruppi, compresi quelli neofolk, avant-folk e post-folk. Tra questi, non è facile imbattersi in un gruppo sognante e personale come Gli Orsi.
Innanzitutto siamo di fronte a musica suonata : niente campionamenti o spericolatezze strumentali.
Stefano Bonato e Umberto Giovannini (organetto diatonico) vengono dalla Scuola di Musica Popolare di Forlimpopoli, maestro Pepe Medri. Stefano Pagliarani (chitarre, ukulele) è polistrumentista di lunga esperienza in formazioni blues e jazz. Il nucleo del gruppo studia fin dal 1997 la musica tradizionale di diversi popoli: non ultimo, certamente, quello romagnolo. Dal vivo Gli Orsi presentano composizioni originali, e un repertorio di brani popolari riarrangiati per organetto e chitarra.
Quello che l'ascoltatore non tarda a riconoscere è che qui il folk c'è e non c'è. Ecco una musica popolare tutt'altro che da cartolina. Non evoca pigramente né mulini né campi di grano ubriachi di sole, né osterie né fiere di paese né “lavandare” curve in bigie sottane sulla sponda del torrente. Di sicuro non è immediatamente folk, ma dal folk inconfondibilmente germina, fiorisce e si stacca per prillare in una dimensione sospesa fra tradizione e originale liricità. Che si tratti di un valzer o di una moresca ogni brano è fatto di intro, temi e sviluppi, veloci o diradati, con o senza stacchi: di fluttuazioni insomma, giocate sugli intrecci dei flussi e sui pieni-vuoti melodici. C'è spazio per qualche spunto di improvvisazione, perfino per (rarissimi) innesti rock, amalgamati affinché l'artificio non prevalga sulla coerenza. In questa liturgia della fluidità gli organetti diatonici hanno spesso la prima e l'ultima parola. A volte è il solo respiro dell'organetto a confidare il segreto più intimo del brano.
Dietro la rotondità di uno stile pienamente riconoscibile e compatto, i brani degli Orsi vivono di una ricchezza melodica davvero singolare. Sono ritagli di una mappa che offre un altro volto alla Romagna. Le sonorità contemplative, dense di malinconia anche quando briose, riescono a sfuggire alla demarcazione e alla nostalgia di uno spazio mitico della musica popolare e a quel mondo fatto, ormai, quasi esclusivamente di ricordo. Se del mito c'è ancora traccia, qui si fa racconto tutto privato. Il suono degli Orsi è l'altrofolk di una Romagna profondamente, soavemente europea, colonna sonora di un road movie con pochi dialoghi e tanto, potente paesaggio.
Si tratta di suggestioni che vanno e vengono senza strappi, prodotte da rimandi sottili, evanescenti. A regnare, per dir le cose come stanno, è la fluidità. Potremmo trovarci in una visione fanta-pop-folk di Yann Tiersen. Oppure nel Pinocchio di Comencini. Non importa. A ognuno i suoi sogni.
Giulio Accettulli
direttore artistico di Ribéss Records
|